Decalogo per sopravvivere (online) al coronavirus
Covid-19 sta creando enormi disagi, ma ci sono modi e strumenti digitali per affrontare l’emergenza
Coronavirus è la parola del momento. Basta guardare Google Trends per capire che in Italia non si parla d’altro ormai da giorni. Ma sapete qual è una delle maggiori ricerche correlate? Smart working coronavirus, che ha registrato una vera impennata specialmente nelle regioni del nord e del centro.
Cosa significa? Che probabilmente c’è un paese che nonostante la difficoltà, tra aziende chiuse, eventi rinviati e grandi fiere cancellate, vuole continuare a lavorare, studiare e vivere con normalità. Nel 2020 abbiamo infatti tantissimi strumenti in mano per sopravvivere a una quarantena senza abbandonare il posto di lavoro e cessare tutte le attività.
E così in alcune città tantissimi dipendenti sono costretti a stare a casa, alcuni anche obbligati a lavorare dal proprio laptop. Una digitalizzazione forzata che mette in luce un aspetto importante: anche in caso di emergenza, tutto può andare avanti.
Per questo motivo abbiamo pensato ad un decalogo per la sopravvivenza digitale al coronavirus.
Un po’ banale? Probabilmente si, ma vi stupirete di quanti strumenti abbiamo già a portata di click (o di swipe!) e di quante possibilità ci sono per non rimanere isolati in web-quarantena.
Supermercati chiusi? Viva gli e-commerce.
Amazon è un caso emblematico, ma sono ormai tantissime le piattaforme che consegnano anche la spesa a domicilio. Nessuna ressa a caccia dell’ultimo pacco di penne rigate, arriva tutto a casa nostra in poche ore da un mega magazzino con approvvigionamenti potenzialmente infiniti.
Tutti a casa e quindi riunione annullata. Non proprio!
Tutti a casa e tutti ugualmente in riunione con i centinaia di strumenti per il meeting online, come Skype o Zoom. Tra videochiamate, condivisioni dei propri schermi, e trasferimento dei file in simultanea, il sogno della riunione in giacca e boxer può diventare realtà! Occhio ad alzarsi dal tavolo, però!
Scuole chiuse… C’è l’e-learning!
Il fatto che in Italia sia poco conosciuto non significa che non possa ora prendere maggiormente piede. I professori 2.0 dovrebbero ormai conoscere le potenzialità dell’insegnamento a distanza o dei webinar. E sicuramente non occorrerebbe spiegare ai giovani studenti come registrarsi per assistere a una lezione in diretta streaming: considerando che ogni piattaforma ha la sua app dedicata, e che ogni studente ha uno smartphone (uno?) in tasca, non ci sono scuse! Tutti a studiare… magari sdraiati a letto!
La socialità è importante!
Proprio così, se non possiamo incontrare amici e conoscenti al bar, torniamo ad utilizzare i social network con lo scopo per cui sono stati creati: dialogare in modo costruttivo. Che Facebook e Twitter siano tornati ad essere delle grandi piazze virtuali e non più solo delle vetrine per postare i propri selfie con la mascherina?
E le istituzioni?
Immaginiamo lo scenario più apocalittico: pandemia totale, quarantena per tutti. Può per caso fermarsi il Governo? Può paralizzarsi un paese? Assolutamente no, sarebbe il caos. Ma la politica ha tutti gli strumenti per dialogare col cittadino: dai siti istituzionali che dovrebbero garantire tutti i servizi online agli strumenti di streaming per le dirette video, i nostri cari politici hanno tutti gli strumenti per dimostrare alla popolazione che le istituzioni ci sono, e che (teoricamente) non siamo al collasso.
In certi casi occorre la fede.
Sì, l’Italia è un paese molto cattolico e praticante. Pensate che la Chiesa sia rimasta a guardare questo stato di crisi? No, tanto che sono spuntate in questi giorni numerose messe in diretta streaming, molte delle quali su piattaforme social come facebook e youtube (sì, le stesse piattaforme spesso demonizzate proprio dalla Chiesa!). Sembra assurdo ma è così: a Turano (Lodi), ma anche Genova, Volvera, Pinerolo e in tantissime altre città la messa è online!
Il mercato ne risentirà.
Probabilmente sì, ma le crisi tirano fuori sempre il meglio dell’imprenditoria. Superata l’allerta, si dovrà tornare ad investire di più, magari proprio negli strumenti digitali e comunque utilizzando sicuramente l’advertising online. E se tutto questo, alla fine, portasse ancora più mercato di prima?
Cinema e teatri chiusi?
Non entriamo neppure nell’argomento Netflix & Co. Dal cinema allo sport, ormai c’è un abbonamento per tutto. E se siamo nella zona rossa, xHamster (nota piattaforma di intrattenimento per adulti) ci regala un mese di abbonamento per distogliere la mente dal coronavirus: benefattori!
Bisogno di un medico?
I tempi delle lunghe file dal “medico della mutua” potrebbero terminare, se solo l’Italia facesse quel passo in avanti tecnologico che da tanto - soprattutto noi del settore digital - ci aspettiamo. Esistono già nel nostro paese strumenti di videochat che consentono visite live a distanza, oltre agli ormai famosi wearable, uno su tutto lo smartwatch, che possono inviare dati clinici come elettrocardiogramma, peso, massa corporea e chi più ne ha più ne metta, al nostro medico di fiducia. Anche chiedere una ricetta potrebbe essere facile e veloce, con whatsapp e simili, ci avete mai pensato?
Per non parlare poi del binomio domotica / salute: lo sapete che i WC giapponesi installati nelle comuni abitazioni consentono al proprio medico di monitorare in diretta urine e feci del paziente?
Basta burocrazia.
Il tema centrale dello smart working dovrebbe essere proprio questo: ridurre inutili file, pile di fogli stampati e timbrati, inutili peripezie per trovare l’ufficio giusto dislocati magari in città lontane da noi. Le banche hanno abbracciato il cambiamento del “tutto on-line” prima di altri, ad esempio ING ha fatto del suo core business proprio l’assenza quasi totale di uffici e sedi. Le Poste Italiane sono entrate più caute nell’era 2.0 ma ormai sembra si possa fare (quasi) tutto online. Ma ad avere più coraggio dovrebbero essere i grandi enti per il cittadino: comuni, Agenzia delle Entrate, motorizzazioni e qualsiasi altro ufficio per cui occorre ancora recarsi in loco, per parlare con un impiegato dietro ad un vetro rinforzato.
L’auspicio, quindi, è che questo stato di crisi ci faccia capire le potenzialità degli strumenti che abbiamo già in mano e magari proietti il nostro paese verso una vera era digitale, forse mai veramente decollata.
Ma l’Italia è pronta?
Si dovrebbe aprire poi una grandissima parentesi sul Digital Divide. Se infatti nelle grandi e medie città è ormai semplice reperire connessioni ultra veloci, si può dire lo stesso dei piccoli borghi di cui il nostro paese è fantasticamente pieno? Se un ingegnere di una multinazionale abitasse in un paesino di campagna non raggiunto da una buona linea, che ne sarebbe dello smart working? Un tema impossibile da affrontare in questa sede, ma comunque da non sottovalutare.
C’è poi un altro grande tema su cui interrogarsi: noi italiani siamo pronti a tutto questo?
In un’epoca in cui gli strumenti digitali (dallo smartphone ai social) sono ancora visti come demoni da scacciare e non come opportunità da cogliere, in cui i nostri ragazzi sanno alla perfezione come utilizzare i filtri di instagram e tiktok ma nessuno ha mai spiegato loro quanto sia rischioso esporsi, in una Italia che non riesce a riconoscere una fake news da una notizia vera, siamo proprio sicuri che siamo in grado di cogliere tutte le opportunità che il digital ci mette, letteralmente, in mano?
Un interrogativo, questo, che va ben oltre l'emergenza del coronavirus ma che magari, proprio "grazie" a questa emergenza, potrebbe dare a tutti noi lo stimolo giusto per trovare risposte più rapide ed efficaci.